Un viaggio nella storia

Il Museo dell’Olio di CantinArte è un edificio composto da diverse sale ed è un racconto di come le olive venivano trasformate in olio extravergine di oliva con la sola forza degli asinelli e dell’ingegno degli uomini. Questo luogo, riconosciuto nel 2008 dall’Ente Fondo Ambiente Italiano come luogo di pregio di archeologia industriale, è un antico opificio, luogo ideale per chi cerca di conoscere meglio le origini contadine e i suoi cicli di lavoro.

Gli asinelli e la macina

Il Museo dell’Olio di CantinArte apre le porte ai visitatori con la visione di una grande macina in pietra della Majella dove le olive venivano adagiate per poi esser schiacciate e ridotte ad una pasta di olive. La macina veniva azionata da un asinello bendato.


L’imponente pressa

La fase successiva alla gramolazione è quella in cui la pasta delle olive veniva schiacchiata da una pressa lunga 8 metri, che segue esattamente le misure e le proporzioni dettate dall’antico scrittore romano Plinio il Vecchio. Questa pressa, vero gioiello di manifattura artigianale, era azionata da due uomini che spingendo un ingegnoso sistema di leve e fulcri , andavano a comprimere i friscoli fatti in canapa, dai quali usciva il liquido contenuto nelle olive: acqua e olio.

Questi due liquidi per caduta, scendevano in una vasca di raccolta, che si trovava sotto la pressa. Questo luogo era chiamato “l’inferno” toponimo molto ben descrittivo, infatti esso era sotto il livello del piano di calpestio.

L’olio di oliva veniva raccolto da due uomini che si mettevano ai lati della vasca di raccolta e, aiutati da uno strumento chiamato “lu mappe”, prelevavano l’olio che affiorava in superficie. Un lavoro duro, che richiedeva molto tempo, sforzo e pazienza.

Le stanze successive, in cui prima veniva conservano e stoccato l’olio di oliva, ora sono divenute sale in cui installazioni di designer fanno comprendere la raccolta delle olive, la potatura ed altri lavori.